ToothPic è il progetto di tracciatura del DNA di ogni singola foto portato avanti dal politecnico di Torino. L’idea di base è quella di utilizzare l’impronta digitale che ogni foto porta con sé e la rende unica. Il processo di fabbricazione dei moderni sensori digitali fa si che ognuno di essi lasci sulle foto scattate delle micro imperfezioni che rendono individuabile l’apparecchio con il quale sono stati effettuati gli scatti (fotocamera, smartphone, tablet).
Partendo dall’algoritmo che verrà utilizzato nel sistema di raccolta di immagini della missione spaziale su Marte del 2018 gli studiosi hanno trovato il modo di ridurre enormemente la mole di informazioni associate all’impronta digitale e di renderla confrontabile nell’analisi di un database. L’idea successiva è quella di creare un grande database pubblico con annesso motore di ricerca che consenta di individuare l’apparecchio con il quale lo scatto è stato realizzato.
Andranno valutate tutte le implicazioni relative al rispetto della privacy, all’adesione volontaria e alla cessione dell’ “impronta” del proprio apparecchio ma l’intero progetto rappresenta un’indiscutibile opportunità nella tutela del diritto d’autore fotografico e nell’eventuale individuazione di illeciti, soprattutto alla luce delle milioni di fotografie pubblicate, condivise ed editate ogni giorno on-line.
Da fotografo mi pongo il quesito relativo agli apparecchi ceduti o acquistati sul mercato dell’usato, capita infatti dopo qualche anno di cambiare la propria fotocamera in favore di tecnologie più evolute e performanti, ma sarà sufficiente implementare la possibilità di modificare l’anagrafica associata all’apparecchio e il problema sarà parzialmente risolto.
Non si potrà mai avere l’assoluta e totale certezza che dietro l’apparecchio registrato ci sia l’autore della foto ma vista la forte concorrenzialità tra professionisti e la grande passione che anima i fotoamatori è probabile che entrambe le categorie non mancheranno di tenere aggiornatissimo il database.